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sabato 30 marzo 2013

Il diavolo ti accarezza..fatti gli occhi della fame, come faccio a dartela una vita diversa, come faccio a mettertela in testa?Sei autodistruttivo.

2 anni senza di te ad Aprile.
Non mi interessa. Non ho il coraggio di vederti.
Non posso dire che non mi manchi, ma sto cercando di fare una vita diversa, e per quanto strano dirlo, legale ed onesta.

Domani è Pasqua, e ho fatto le uova rosse, come si usa da noi, una tradizione strana per un'atea, ma io per quel poco la voglio rispettare, un pò di Russia qua nella mia solitaria vita, un pò di vento della mia terra.

Oggi dovevamo vederci, oggi dovevamo stare un'oretta insieme, parlare del più e del meno.
Non ti hanno dato il permesso di uscire. Sei ancora lì, tra quattro mura, in una cella grigia con altre 5 persone. Opera. Così vicino, ma anche così lontano.
Ed io nel mio letto, in una casa, al sicuro e al caldo, mentre la vita che fai tu è ben diversa.

Posso andare indietro con gli anni, posso far capire agli altri chi eri e chi sei stato per me. Ma parliamo di un passato che cerco di lasciarmi alle spalle. Non posso neanche difenderti. Come si fa a difendere un criminale?

La vita è difficile, e ognuno prende le sue scelte. Io posso solo dire che le tue non le ho mai accettate, alle volte mi sembrava di vivere in una famiglia mafiosa, dove tu eri il capo, e i tuoi "amici", i tuoi scagnozzi erano lì ai  tuoi comandi.
Avevo solo 5 anni, quando vidi la prima pistola, avevo solo 5 anni quando sentii bisbigliare dietro i muri. Ne avevo 8, quando mi entrò la polizia in casa, di notte, a Milano, e mi chiese se per caso  ti conoscevo o ti avevo visto. Allora non capivo, non distinguevo  il bene dal male, per me tu eri un eroe, e andavi difeso.

Ma poi con gli anni, mi sono resa conto, che tu non lo facevi per necessità, quella è passata in secondo piano, lo facevi perchè ti piaceva, ti sentivi vivo. A te piaceva comandare, a te piaceva dare degli stupidi ordini, ti piacevano le belle donne, le belle macchine, ti piaceva leggere.

In riformatorio, mi raccontasti una notte, che amavi leggere, avevi solo 14 anni, ma leggesti tutti i libri della biblioteca, imboccasti ogni tipo possibile di scuola, ma avevi sempre tuo padre contro, "No Laej, non puoi fare il calciatore- Ma papà io sono il più bravo della squadra", "No Laej, non puoi fare il chitarrista, non puoi fare il veterinario, non puoi ..." .
Laej allora decise di diventare un ladruncolo, di camminare a piedi, e in bici dalla Russia all'Italia. Di vivere con quello che trovava in giro, di rischiare la propria vita, passare illegalmente dogane, Laej, lo sapeva, sapeva che non sarebbe stato facile, ma se così si può dire per un pò ne è uscito vincitore. Se esiste il cattivo, esiste anche il buono, e lo yng e lo yang, la ruota gira si dice, e le forze dell'ordine lo hanno prelevato da dentro casa casa.

Hai sempre aiutato tutti, hai un gran cuore, hai sempre avuto un cuore nobile, una mente eccelsa, ma non l'hai coltivata, chissà che ora non avresti potuto essere un medico, e vivere una vita tranquilla, senza la paura di dormire con un occhio aperto, e sentire le ferite sotto la pelle bruciare dopo anni. Senza la paura di camminare per la strada alla luce del sole, senza la paura di essere arrestato, o ucciso.
Per me Laej, sei stato come un padre, mi hai dato da mangiare, mi hai comprato vestiti belli, di marca, mi hai comprato giocattoli, dolci, regali, computer, telefoni, mi hai portato in vacanza, mi hai comprato medicine, mi hai consigliato, tenuto per mano, educato, mi hai sempre detto : "Quello che faccio io Kim, non è buono, non è giusto, ma la vita non è giusta, e io cerco di stare a galla come posso senza fare del male a nessuno".

Lui è stato la mia guida per molti anni, l'unico uomo della mia vita, in senso figurato, mai passare oltre. Lui era l'unico motivo di gioia nei miei week end, il suo cane, la sua casa in provincia, il giardino, la piscina, la pallavolo, la boxe, il baseball, i cartoni animati, gli abbracci.

Poi siamo cresciuti, entrambi, troppo in fretta, e tu, tu non lo hai accettato, io non ero più la piccola Kim, coi riccioli biondi, da difendere, e portare in spalla, ero diventata una ragazza, indipendente e testarda.

Sono 2 anni che non ci sentiamo, ti ho scritto 3 lettere, grondando lacrime, come si fa a non piangere, pensandoti, pensando alle condizioni in cui eri, con una gamba appena operata, senza medicine, eppure in Italia, la giustizia non è uguale per tutti, perchè tu non sei italiano. Ne hai combinate tante alla polizia e capisco anche perchè ti abbiano riservato questo trattamento.
Ma poi ho smesso di scriverti, non ti ho scritto al mio compleanno, al primo Natale, non ti ho scritto a Pasqua, non ti ho scritto di Giò, e poi ho smesso di parlarti.

Alle volte mi dico che è anche colpa tua se la famiglia si  è divisa, sempre lì con un atteggiamento prepotente, così hai allontanato tuo fratello Ledjon, che ora vive a Bristol, come tua sorella, Larissa che vive a Roma, e tua sorella Michaela, che vive a Milano, e che ti è sempre stata dietro.

L'ultima lettera te l'ho scritta quando mi sono lasciata con Vincenzo, a cui di certo non potevo dirgli che avevo dei problemi con te, non lo avrebbe capito, era troppo giovane e io lo stesso.

Laej, io ora faccio una vita, dignitosa, e per tutti gli aspetti negativi che ha, ne ha uno buono, dormo tranquilla la notte perchè so che la polizia mi entrerà in casa, solo a pranzo, perchè il fratello di Giò è finanziere.
Non mi entreranno di notte, non mi sveglieranno con un mitra in mano.

Laej perdonami, dimenticami, cancellami, ma perdonami, non posso più essere tua nipote.


venerdì 29 marzo 2013

Mary...ci sono sempre io con me stessa davanti al mio destino.

Venerdì di magro. E io mangio carne.

Non sono mai stata credente, e anche se in certe notti invoco il nome di Dio in vano, so che ci sono sempre io con me stessa davanti al mio destino.

Così comincia il suo messaggio, dal nulla, dopo 2 mesi:


"ciao scimmietta 'brutta' cm va? sn qui ke t scrivo xè nonostante i nostri alti e bassi... m manki tntxm!!! alla fine nn m rikordo più il xè è iniziato tt qst distako fra noi... stamane ho visto tua suocera e... bhe qnd m ha detto "cm mai nn vieni più dl Kim?" io gli ho risp ke c eravamo un pò xse tu cn lo studio ed io cn il lavoro... Xò sò ke nn è proprio così!!! Ho un carattere di merda qst lo sò! Sn fuori cm un balcone, rompi palle, testarda,capocciona e se devi aggiungerne anke tu di difetti fai pure xè a volte io nn riesco a vedermeli... Un pregio ke penso di avere è un cuore e dei sentimenti... E... Bhe... Nn voglio girarci attorno qnd arrivo al punto. Mi manki! Mi manki tntxm! Mi manka la tua amicizia xè sei tu la "pazza Kim" ke m faceva ridere e a volte strippare... Mi manka tntxm anke la vera Kim ke ho conosciuto e ke vorrei rivedere e rifrequentare... Capirò se m insulterai o ti incazzerai dp qst messaggio e che nn riaccetterai la mia amicizia ne qui su fb ne nella realtà...sappi solo ke nn ho mai smesso di volerti un bene dell'anima e cmq andranno le cose tu sei e rimmarai x sempre una delle più care amike ke io abbia mai conosciuto... un bacione a presto se lo vorrai..."

Ecco come ci si ripresenta, così, come se fosse normale sparire, comportarsi da bambini e aspettarsi che dall'altra parte ci sia sempre qualcuno ad aspettarci...
Sono passati 2 giorni e poi, Mary, ho avuto il coraggio di risponderti anche io, a malincuore, ma dovevo farlo, so che non è la risposta che ti aspettavi, ma è la migliore per me oggi.


"Non so neanche io che risponderti, in fondo non so neanche se ho voglia di scriverti. Eppure sono qua, che leggo e rileggo le tue parole, e ripenso a come ti sei comportata, al tuo atteggiamento, a come te ne sei andata da un giorno con l'altro dimenticandoti di tutto e di tutti, della nostra amicizia.
Cosa pretendi che ti dica oggi? Che mi manchi, che le cose torneranno come prima? Mary io faccio una vita troppo di merda, ora come ora, per essere ancora la ragazza di 2 anni fa, che aveva del tempo anche per te, per starti addietro, per passare sopra ai tuoi capricci. Se potessi tornare indietro non andrei a convivere, e non starei più neanche con Giò, ma ora sono qua, e ho avuto solo 2 persone accanto.Te e LEI.
Non pretendevo niente di piu. Solo di vederti una volta a settimana a dir tanto, ma tu neanche quella volta c'eri.
 Volevo staccare IO per una volta, dalla mia vita di merda....volevo abbracciare una persona e mettermi a piangere io per una volta, sentire un pò di empatia, ma sai come funziona con te? Funziona che ci devi sempre essere tu al centro dell'attenzione, funziona che l'amicizia esiste, ma è un'amicizia fatta di egoismi.
Mary,  io mi sono sentita tradita, pugnalata alle spalle per cosa? Perchè per una volta passavo 2 giorni tranquilli coi tuoi amici, con gli stessi amici che volevano vederti, che ti avrebbero offerto tutto, solo xk tu stessi con loro. stessi con noi, con me.
Mary tu non sai neanche che mi è successo, mi viene ancora da piangere, solo a pensarci.
Non si tratta di voler bene o no!Pensi che io non ti voglia bene? Pensi che non mi manchino le passeggiate con te per i campi, pensi che non mi manchi la vita di prima? le giornate a cazzeggiare x Milano?
Ma l'amicizia è altro, non è un capriccio, non è un comodo, non è scriversi dopo 2 mesi, l'amicizia è amicizia, non è prendersi male x non so che cosa. Non è cancellarsi, sparlarsi dietro, lanciarsi merda addosso. Ora come ora, scusa le mie parole, avrei voluto trovare un altro modo per scrivertele, per dirtele, ma non riesco, e non ci provo neanche. Oggi, ora, in questo momento, alle 23.42, non voglio vederti, non voglio parlarti, ho un orgoglio anche io, una dignità, pretendo un pò di rispetto, e dopo tutto quello che tu hai fatto per me e io per te, mi sembra chiedere il minimo. Ma neanche quello ho avuto. Spero che capirai. Magari quando mi passerà e quando tornerò a fare la vita che voglio, ti cercherò io, ma ora...non me la sento. Ti auguro una buona notte, sempre che l'insonnia ti sia passata. Sappi che ti voglio e ti vorrò sempre bene. Ma ora non è il momento per riprendere a vederci."
Io non ne sono pronta..

giovedì 28 marzo 2013

Un vortice dal quale spero di uscire.

Ore 00.10. Domenica. Passato sabato di merda.

Pomeriggio a Milano. Ero con LEI in giro per negozi, uno shopping assillante, ma pur sempre, a suo modo, benefico. Siamo andate in mille e mille posti diversi, visti mille e mille stili diversi. Comprati occhilini alla John Lennon.

Torno a casa, lui pensa che io non arrivi,  è coi suoi amici, si droga, non voglio sapere neanche che droga è questa volta. Mi porta fuori a bere. Io ho freddo, dopo tutta la pioggia che ho preso oggi che pretende? Si arrabbia, gli dico che voglio tornare a casa. Mi dice che non sono di compagnia. Arriviamo nella via di casa sua, apro il portone, chiamo l'ascensore, mi urla dietro, gli ho rovinato la serata. Funziona sempre così. Sempre. Sono stanca. Non se ne rende conto che non ce la faccio più a sopportarlo, che anche io sono un essere umano a cui volere del bene. Non gli importa. Mi prende a urla, non resisto, gli dico "Picchiami, mettimi le mani addosso, tanto solo questo sai fare",  gli dico che è un drogato, che dall'eroina non uscirà mai, gli dico sempre le solite cose, eppure sono ancora qua.
Sto piangendo, non resisto più in questa situazione, tra scuola, pressione con lui, i documenti, la famiglia. Voglio solo sparire. E forse è la volta buona che io me ne vado. Sono amareggiata. Tante belle parole davanti agli amici , e poi basta rimanere soli qualche minuto, per mostrare al mondo chi è davvero , la merda, Giovanni.

Ho il mascara colato, una canottiera addosso, un paio di mutande, e i capelli sciolti.
Sto pisciando , sono sul cesso,  ora sono a letto, ora gli scrivo su facebook, e voglio solo dormire.

Lui non capisce che a me non mi importa niente, dei suoi amici, dell'alcol, della droga, della sua fottuta polvere di stelle.




martedì 19 marzo 2013

19 Marzo 1970 Convivo coi miei incubi, ho imparato a farlo, ho cominciato a sognarlo la notte che me ne sono andata, l'ultima volta che l'ho chiamato "Papà", una realtà troppo distante per fargli gli auguri oggi.

Mosca. Russia. Anni '70.

Si sentono le grida di una madre, risuonano per i corridoi di quell'ospedale di città.
Si sentono i pianti assordanti di un bambino alla sua prima boccata d'aria, a quel primo test di respirazione. Così si nasce. Subito. Si è sbattuti fuori in un mondo freddo, senza  più essere cullati dalla placenta e dal calore di una melodia materna.

Ecco nato il terzo di 4 figli, un maschio, orgoglio per la famiglia, lui era mio Padre. Sembra quasi ironico che un figlio nasca il giorno della festa del proprio padre, ma solo in Italia è celebrata il 19 marzo, il giorno di San Giuseppe, peccato che lui si chiami Sasha.

In Russia si festeggia in maniera molto allegra la nascita di un maschio, quasi fosse meglio che vincere al lotto, si fanno banchetti, si portano regali, soldi, si fanno promesse, si legano bracciali d'oro ai polsi, e un filo sottilissimo intrecciato di colore rosso, affinché contrasti il malocchio. [....]


19 marzo 2013

Oggi sono passati 43 anni. Oggi è il suo compleanno. Oggi c'è il sole, il sole dopo la bufera di neve.
Non so cosa dire di  Sasha, non lo conosco. Non me ne ricordo, non so cosa facesse da giovane.  Eppure anche ora che ben o male cerco di far parte, forzandomi, della sua vita, non ho coraggio di chiedergli come abbia conosciuto la mamma, magari se lei è stata la sua prima ragazza.

[Vorrei avere il coraggio di chiederlo a Mia Madre, ma so che per lei è ancora una ferita aperta a distanza di anni.]

Non ho il coraggio di chiedergli qualcosa di semplice, come "Dove sei stato tutti questi anni? Come fai a dormire la notte? Sai che un figlio non vive con 50 euro all'anno? Come fai ad abbracciare Alessia senza pensare che a me di abbracci non ne hai mai dati?". Vorrei chiedergli  se è felice con la donna che ha accanto, se Clotilde è davvero la donna giusta per lui, se non gli manca la mamma, se non gli manco io, se non si sente male vedendo che lui è l'unico dei suoi fratelli, nonostante i problemi a non aver mantenuto integra la famiglia.
Ma non ho il coraggio di chiederglielo, non ho il coraggio di scriverglielo, a cosa servirebbe, solo a renderci il cuore ancora più nero e  amaro.

 [Oggi è il suo compleanno e dico a Clotilde, tramite skype, di fargli gli auguri, lei mi dice che dovrei farglieli io, che lo renderebbero felice, io invece le rispondo che non cambierebbe niente.
Prova a chiamarmi, non provo neanche a rifiutare la chiamata, esco semplicemente da skype.]

Oggi quell'uomo ha cominciato il suo 44esimo anno. E io come sempre sono qua a domandarmi se abbia il diritto naturale di essere chiamato PADRE. 

Quando vado da lui, a Torino, lo vedo si e no, un paio di ore, non è mai a casa, è sempre al lavoro, sempre a fare soldi, ma lui non si dedica alla lettura, alla televisione, non ha un colore preferito, e neanche un piatto preferito, per lui si mangia di tutto, perchè in tempi di FAME, tutto fa tacere lo stomaco. Dice, non esplicitamente, che io sono viziata, che mangio solo quello che voglio, non sa niente di me, è così indifferente alla mia vita che quando gli ho detto scherzosamente che ero incinta, mi ha detto che avrebbe preso una capra, e avrebbe svezzato il pargolo. Come quando gli ho detto che vivevo con Giò, con la stessa indifferenza ha fatto un sorriso e mi ha detto "va bene".
A lui va bene, ma lui non è mio padre, lui è il padre di Alessia, lei ne ha davvero bisogno, io ho imparato a farne a meno troppo presto.


"Convivo coi miei incubi, ho imparato a farlo, ho cominciato a sognarlo la notte che me ne sono andata, l'ultima volta che l'ho chiamato "Papà", una realtà troppo distante".

Convivo con le scene di lui che picchia brutalmente mia madre, convivo con lui che bacia e chiama Amore , davanti ai miei occhi stanchi una donna che non è mia madre, senza il minimo ritegno.

Sono un'estranea anche nel suo mondo, perchè  mi dice che non mi capisce, e io mi chiedo cosa dovrebbe mai capire? Doveva pensarci prima, doveva pensare prima ai suoi errori, come d'altronde la mamma ai suoi.

La Mamma non me ne parla mai, e quelle poche volte che lo nomina, sento l'amaro in bocca, sento la bile salirle, è come se rivedesse tutta la vita vissuta assieme scorrerle davanti a quello sguardo. Vedo il viso stringersi, la fronte corrugarsi e sento la voce incrinarsi. La sento sul baratro tra il pianto e la liberazione, anche lei aveva dei sogni alla mia età, e forse ancora oggi ci spera di avere una famiglia, un uomo che l'abbracci la notte, o che la baci e la chiami amore quando torna a casa dal lavoro. Ma oggi la mamma non c'entra. Oggi è il giorno di lui, che è stato assente dalla mia vita per 13 anni. E ora mi chiedo se in 13 anni un uomo possa cambiare oppure rimanga lo stesso.

Alle volte lo guardo di sottecchi, lo scruto, dall'angolo del tavolo, è un uomo possente, una mano 2 volte la mia, alto, biondo, occhi verdi. Siamo uguali,  io e lui. Siamo due gocce d'acqua, ci dicono. Io lo osservo e ne ho paura, so chi è in realtà, so che non è l'uomo che finge di essere, perché i mostri si possono nascondere dentro di noi, ma non si possono eliminare.
Forse quando taglia la legna per scaldarsi e rimane solo, pensa ai suoi errori, magari ci riflette ogni tanto, anche se la sua è una testa in cui non vorrei entrare. Lui è tabù,  e come tale, va tenuto a distanza.

Passano tre giorni ed è ora di tornare a casa.
Non rimango mai più di tre giorni, non è giusto, il tre è il numero perfetto.
Già dal primo giorno Clotilde si impone come figura materna. Non è giusto perché, quella non è casa mia, è casa di Clotilde e di Alessia, casa mia è a Milano  da Giò.
Arrivo in stazione, conto i minuti, salgo sul treno. Respiro, cambio volto, sorrido, ora posso uscire e andare a bere una birra con LEI. Posso sfogarmi, posso creare un mondo che adoro, un mondo in cui nessuno può entrare, in cui solo noi due abbiamo la chiave.

Ma non posso cambiare le cose, oggi è il suo compleanno, e io non lo voglio chiamare. Anche se lo rendesse felice, anche se lui mi ha fatto 5 volte gli auguri in 18 anni, non se li merita, e in fondo già che può parlarmi, già che non gli riverso addosso tutto il mio veleno, devo solo essere per lui un grosso regalo.




martedì 12 marzo 2013

Time forgotten






11 marzo 2013


 "Sento qualcosa incrinarsi in me, mi guardo allo  specchio e ci rivedo mia madre, quella donna a cui ho sempre tentato di non assomigliare, ora mi stava fissando dallo specchio." -cit. Kim

Non parlo quasi mai di mia madre.
A dire il vero, parliamo anche poco tra di noi.
    Sarà perché fingiamo di avere un rapporto madre-figlia. Inesistente. Ma...a noi sembra andare bene così. Sappiamo entrambe quanto lei soffra per la mia mancanza, nella sua vita quotidiana, soprattutto da quando vivo con Giò.
E, in effetti sta vivendo con rassegnazione questo mio abbandono. Non se lo aspettava, ad essere sincera  neanche io pensavo ne avrei mai avuto il coraggio, di distaccarmi...così improvvisamente. Forse è vero che sono una persona senza sentimenti, o forse è vero che sono troppo egoista e solitaria, per provare dei sentimenti o per avere dei pensieri di riguardo anche per un altro essere vivente.

Sangue del mio sangue mi dico.

Nonostante mi abbia cresciuto, nonostante non mi abbia abbandonato, nonostante mi abbia dato un tetto sotto cui vivere e un pasto caldo, io sono riuscita a scappare da lei, sono voluta scappare da lei, dalla sua vita. L'ho lasciata  lì, a piangere le notti, perché so che lo fa, so che le manco, riesco a leggerlo nei suoi occhi ogni qual volta la vedo. Ma non sa come dirmi di tornare da lei, non ci riesce, solo un pomeriggio, lo scorso settembre, mi gridò in faccia di averla abbandonata, che da un giorno con l'altro l'ho voluta dimenticare, e quella notte piansi.


Mi ricordo che piansi tutta notte, cullata dalle braccia di Giò, lui che non capiva perché piangessi, lui che mi diceva che tutto sarebbe andato bene, lui che ancora sembrava un pò umano.
Ma in fondo lei se lo doveva aspettare, fin da quando ho memoria, ho contato i giorni che mi separavano dalla maggior età, ho sempre contato i giorni che mi mancavano a quella libertà, ma dove si trovava ora quella libertà?
Non posso dire di aver vissuto male con lei, ma è sempre stata molto distante da me, abbiamo sempre vissuto 2 vite separate, nella stessa casa, rivolgendoci solo un saluto e poche consuetudini, niente di più. Ricordo che le ho detto che uscivo con un ragazzo all'età di 16 anni, solo perché quest ultimo mi aveva regalato una rosa rossa gigante, (lunga un metro e con un fiore grosso come un pugno, mai vista rosa rossa più bella, aulentissima) , e non sapevo come portarla a casa. Solo per questo. Sennò neanche di lui avrebbe mai saputo, e sempre grazie a lui, dopo undici lunghi, e interminabili, e indimenticabili mesi, quando tutto è finito, lei vedendomi morire giorno dopo giorno, vedendomi soffocare nelle mie stesse lacrime, una notte mi abbracciò, e mi disse << Non piangere Kim, che la mamma ti è vicina, e lei non ti abbandona, tesoro della mamma sai che non ti voglio vedere star così male.>>.
Ci sono voluti 11 anni perché lei mi desse di nuovo un abbraccio, esattamente da quando lei e mio padre si sono lasciati. Avevo 5 anni, come si fa a non abbracciare il proprio figlio per 11 lunghi anni?  Ma oramai non mi pongo più il problema, so solo che mi rivedo in lei, rivedo la vita che faccio  nei suoi occhi, il destino mi ha giocato un brutto scherzo, mi sta facendo rivivere quello che viveva lei nel suo "cubo" con mio padre.

Mia madre un giorno ebbe il coraggio di andarsene, di dire basta, di smetterla di essere presa a calci e pugni, insulti e sputi. Ora non c'è nessuno a farle dei lividi sulle braccia, sulla schiena, sopra il cuore, non c'è  nessuno a strapparle i capelli da ubriaco.
Aveva solo 23 anni, era sposata, una figlia e un lavoro, in un paese straniero, sola, senza conoscere nessuno, e senza parlare la lingua.
Aveva 23 anni quando scelse di  andarsene, una notte, silenziosamente dalla sua casa sicura,  in centro, a Torino, me la ricordo ancora quella casa.
Aveva 23 anni quando le lacrime le rigavano il volto, e la voce rotta mi diceva: << Kim, svegliati amore, fai presto, dobbiamo andare! - Dove Mamma?- Sbrigati e non fare rumore- Ma Papà? Devo salutare Papà- No, Kim Papà sta dormendo, andiamo, non lo disturbare che domani va a lavorare. >> 
Ricordo che pioveva, ricordo che guidava una piccola punto blu mia madre. Ricordo che mi addormentai sul sedile posteriore. Ricordo che le domandai dove stavamo andando, e lei mi rispose che andavamo dallo zio, ed ero così contenta. Io lo zio non lo vedevo molto, lui era il fratello maggiore di mia mamma, da sempre è stato il mio preferito, e da quella sera prese le veci di mio padre.
Non sapevo ancora che non avrei più rivisto mio padre per molti anni, non lo rividi fino all'età di 10 anni, o forse 11 anni , non ricordo di preciso, non vide il mio primo giorno di scuola, quel giorno ci furono mia mamma e mio zio ad aspettarmi, non vide il mio ultimo giorno di scuola, non vide il mio sorriso, non conobbe mai la mia materia preferita, o il mio piatto preferito, non mi portò a giocare al parco, e non mi portò più al mare, non vidi più per molti anni i miei nonni paterni.
Mi chiamò poche volte, e cominciai poco a poco a non volerlo più sentire, troppo piccola per capire cosa avesse fatto alla mia mamma, ma anche troppo acuta per capire che era una cosa cattiva. Da non rifare.
Mi ha segnato molto il comportamento di mio padre nei confronti di mia madre, delle donne, è una cosa che mi tocca anche oggi vedere un uomo che alza una mano, anche in segno scherzoso, contro una donna.
Curioso, è stato scoprire che la nuova fiamma di mio padre, il CARTONE ANIMATO, che forse è meglio chiamare col suo vero nome Clotilde, non sapesse del passato da uomo violento e alcolizzato di mio padre. La sua espressione la prima volta che la vidi da sola, ai miei da poco 17 anni, fu sorprendentemente piacevole, ma anche sconcertante, poiché giusto pochi minuti prima mi disse che tra loro non vi erano segreti, e lui gli e lo aveva nascosto. Ma Clotilde, è un altro argomento, e non ne voglio parlare ora, anche mio padre, è un altro argomento. Ora c'è solo lei,  MIA MAMMA.
Alle volte La guardo in stazione, con la sua borsa in spalla, il sacchetto nell'altra, il viso abbattuto, una famiglia disfatta, un lavoro che lascia a desiderare, e la salute cagionevole. La guardo e le vorrei dire che mi dispiace, che mi manca, che le voglio bene, che aveva ragione, che sono troppo giovane per stare sola, che anche noi della famiglia Kim abbiamo bisogno di qualcuno che si occupi di noi. Ma non gli e lo dico, perchè sono troppo orgogliosa, come non le dico, neanche che Giò mi ha messo le mani addosso più volte, come non le dico neanche che sono stanca della vita che faccio, come non le dico neanche che non ho la forza di alzarmi la mattina dal letto e vedere che lei non è lì a farmi il te, che è difficile badare a una casa, e assecondare gli umori di un'altra persona. Ma lei deve sapere che sono felice, deve conoscere solo qualche discussione, e il resto deve sempre andare bene. Così lei non si preoccupa e dorme sogni felici.
[Mi metto a piangere, mi manca mia mamma, mi manca le sue sgridate, le litigate con lei, mi manca la sua voce la mattina a svegliarmi prima di andare a scuola, mi manca la puzza di sigarette in casa, le veneziane chiuse, mi manca vederla nel suo letto con le coperte addosso, mi manca prepararle il caffè, qual caffè che ora non preparo più per nessuno. Mi manca vederla leggere i libri che leggevo io, mi manca la sua ossessione per l'antiquariato e per l'oroscopo. A modo suo, mi è stata madre, e a modo suo mi ha amato, e io a modo mio le sono stata figlia, e l'ho amata. Cerco di contenermi in questo pianto che non è corretto, sono io che l'ho abbandonata, che ho fatto i bagagli guardandola mentre mi diceva "Ma porti via tutto? Non pensi che potresti tornare almeno una volta a settimana a dormire a casa?- No, 'Ma!"].



lunedì 11 marzo 2013

"al terzo whisky mi chiedo se uno si puo' innamorare su internet di una fanciulla come te " da Anonimo

"Oggi è 1 anno e mezzo esatto, che sto con Giò.
Oggi è 1 anno e mezzo che mi guardo allo specchio e non mi riconosco.
Oggi è 1 anno e mezzo che faccio a pugni con il mondo." -cit.  Kim



Ma oggi non era ieri che scrivevo di oggi. E sono già passati quattro giorni.
Brian Crain , con le sue note leggiadre, riesce a colmarmi di emozioni fino a scoppiare, ma non in un pianto, finalmente non ci sono pianti, mi trasporta in un limbo, dove tutto si colora di grigio, e non vi sono rumori, emozioni, solo la pace interiore.
Questa sensazione dura solo pochi minuti, giusto il tempo di una melodia, e di ricaricare la pagina di Youtube, di vedere le immagini scorrere, e ricominciare a scrivere.


Un nuovo inizio, un nuovo lunedì, un nuovo mese, un nuovo post.


"Ci ho pensato tante volte, non l'ho mai fatto però. Tutte le volte che leggo il blog vorrei dirlo. Ogni volta che lo leggo mi intristisco, perchè so che è l'unico modo col quale riesci a comunicare veramente, con me. Mi piacerebbe non fosse così, mi piacerebbe poterti essere di aiuto, ma c'è un tacito accordo: io non devo fare domande. Ne ho mille che mi martellano continuamente in testa, ma non te le faccio[..].
A volte mi sembra di non conoscerti neanche. 
Ti sta risucchiando poco per volta. Sai, un tempo eri felice. Ti piaceva correre, amavi la corsa. Ti piaceva leggere, leggevi tantissimo; Mi ricordo, non potevo sperare di starti dietro a numero di libri, eri sempre presa dalla foga di leggere e leggere ancora. 
Lui ti sta costringendo piano piano a rinunciare alla tua vita, [..] non mi sembra uno scambio equo.
Gli hai sempre detto<< un giorno tornerai a casa e non mi troverai più>> [..]
Non mi importano i km che ci saranno a separarci, sarebbe un buon prezzo per vedere un sorriso, che parta dagli occhi e coinvolga tutti i muscoli del tuo volto. [..] Sii di nuovo felice. LEI"

La pioggia scende lenta sui finestrini dell'auto di Donald, sono seduta  sui sedili posteriori, solito Sabato, oppure no? Solita ebbrezza ma c'è qualcosa di più. Un foglio tra le mani, un abbozzo di lettera, di confessione, un abbozzo di verità.
Leggo frettolosamente nella penombra, leggo le sue parole, sento qualcosa prendermi dentro, stringermi con forza, sento mancarmi il fiato, e senza rendermene conto scoppio a piangere, silenziosamente, mentre cerco di ridere alle battute che sento, mentre cerco di dare indicazioni stradali.  Divoro le sue  parole, e poi l'abbraccio, e mi stringe forte la mano, sento accarezzarmi l'animo. LEI è lì al mio fianco, lì a stringermi la mano, lì a brindare con me, lì a ridere, lì a paranoiarsi, e finisce un'altra serata in cui mi improvviso pugile, contro le mani forzute e dure, di Donald, e mentre mi improvviso per l'ennesima volta cleptomane, e gli rubo una birra e le scarpe di scorta dal bagagliaio.

E rido, perchè è il primo giorno dopo mesi interi che non litigo con Giò. Sembra quasi un miracolo. Il mio piccolo miracolo. Il mio piccolo spiraglio di sole.

mercoledì 6 marzo 2013

Come si fa a non guardare il cielo...DONNA!


Funzionerà, lo sente,
ma solo se la spina dorsale di lei
combacia esattamente col torace di lui
e solo se le ginocchia di lui
approdano proprio sotto le sue
e tutt’e quattro
appartengono allo stesso angolo.

Tutto andrebbe bene
se solo
potessero guardarsi in viso.

Anche com’è adesso
c’è una ricompensa
nel dover far collimare
il naso con il collo
il busto con la scapola
l’inguine con il sedere
mentre stanno dormendo.

Hanno l’aria, almeno,
di stare andando
in una stessa direzione.


Consumo un altro giorno. Questi giorni passano in fretta. Penso a quanta ragione avesse Tommaso.


Sii Forte Kim!!!!!

Un mantra, ho bisogno solo di questo. Un mantra da ripetermi ogni volta che ci litigo, ogni volta che scopro che mi mente, ogni volta che mi mette le mani addosso.

8.35   Stazione

Non riesco a smettere di piangere, come si fa in fondo a chiedere a se stessi di essere forti? Come si fa ad ignorare quello che ci succede? Come si fa a non guardare il cielo e chiedersi se esiste qualcuno che vede e provvede?


"I loro litigi cominciavano sempre così, sempre la sera, sempre a tavola coi suoi genitori, sempre per delle bugie, per i suoi amici, per Carmine, il suo amico napoletano, non sapeva  che cosa avesse quel ragazzo, ma ogni volta che ricominciava ad uscirci, Carmine riusciva ad avere un'influenza negativa su di lui, a spennarlo fino all'ultimo quattrino, riusciva a metterlo contro tutti, contro di lei, contro suo fratello, contro i suoi stessi genitori. (Chissà che gli diceva mai).
Quella sera, era in camera, aveva appena sbattuto la porta:

<<Kim che cazzo fai? - Me ne vado, me ne vado perché sei un uomo di merda!- Sei una fallita, una lurida troia, fascista, sei una fascista di merda, dove pensi di andare Puttana? Anzi vattene, vattene dalla mia vita. Russa di merda, sei una puttana, siete solo un popolo di ladri, di papponi e di puttane come te.>> 

Kim cominciò a piangere, forte, rumorosamente, un pianto copioso, quel pianto che ricorreva ogni sera, quel pianto di liberazione.
Le avvicinò il pugno alla faccia, era terrorizzata, le disse, se sapeva chi portava i soldi a casa, chi poteva e chi non poteva permettersi di gridare, e poi ricominciò: 
 <<Sei una fascista di merda- E tu un uomo di merda >>, e la colpì in faccia, sopra il labbro.
Kim corse in bagno, si nascose, si mise a piangere, a straziarsi, la prese per il viso, cominciò a strattonarla, le ripeteva quasi indemoniato un mantra : "Sei una puttana invidiosa, sei solo una succhiacazzi!!!"
Kim cercò la forza dentro di se, cercò quella forza ormai perduta, lo spinse, vide l'ira nei suoi occhi, corse in camera, il pc acceso, i libri, quella scuola che non riusciva a finire, quel mondo così sicuro, dove si dice che i ragazzi vanno protetti, "Ma come ci si protegge dal proprio aguzzino?" Si sedette sul letto, iniziò a dondolarsi, come un pendolo, con frenesia, con le braccia avvolte al costato, la prese per il viso, le tirò una sberla, lei si sdraiò, si nascose con la testa tra i cuscini, "Non devi più permetterti di toccarmi, non mi devi più toccare, non ti devi più permettere". Iniziò a prenderla a pugni sulla schiena con foga, poi a riderle contro, per poi inveire ancora contro di lei.
 "Ma Dio esiste da qualche parte?".

Prese i suoi libri, spense il pc, si mise un giubbotto, gli occhiali, e corse fuori di casa. Corse in stazione, sotto la pioggia, corse a prendere quel treno, quel treno per Torino, quel treno verso la libertà, quel treno verso un futuro che non c'era, un futuro che non sapeva se sarebbe mai arrivato. 

Pianse, pianse ininterrottamente un pianto ancestrale. Il sale bruciava sulle guance, bruciava su quel viso, contrariato. Si mise a camminare, si ritrovò davanti a una barca, una sera non molto lontana, si trovò lungo un fiume, la barca, rossa, si chiamava "Gesù", le sembrava una tale presa per il culo, lei era lì a domandarsi che senso potesse avere la sua vita, e qualcuno le metteva davanti una barca rossa chiamata Gesù.
Come a dire prendila questa e la via della salvezza.


"Alle volte l'autolesionismo è la scelta migliore per sfuggire ai propri problemi, per far sgorgare fuori quel dolore color porpora, come se un fluido potesse causare del male, ma come fai, quando non è la carne il problema? Come fai a lesionarti l'animo?"


Tornò a casa, si mise a letto, la mattina sentì l'interruttore accendersi, l'armadio aprirsi, la porta chiudersi. Ora lei poteva dormire in pace."





Dicono che certe cose vanno denunciate, si pensa sempre che debbano accadere ad altri, sembra sempre che sia una storia troppo lantana dalla nostra quotidianità. Solo agli stranieri succede, sono solo i Marocchini a picchiare le mogli, sono solo gli Albanesi, sono solo i Rumeni, sono solo i Terroni. Quelli del nord non sono così, gli uomini del nord, sono rispettosi delle donne, gli uomini Italiani le amano, le proteggono, le trattano come principesse. Su 10 maltrattamenti in famiglia, sono 7 quelli subiti da donne italiane, percosse da uomini ITALIANI!!!!Uomini di buona famiglia, uomini diplomati, laureati, Avvocati, Geometri, Ragionieri, Professori. Non muratori, non gente con bassa cultura. Gli aguzzini sono proprio loro che fuori fingono che le cose vadano bene, e Tu fuori che devi sorride, anche se dentro muori. Perché loro non ti possono aiutare, parlano e basta, senza sapere, parlano, ti consigliano, e dopo cosa fai? Dopo dove vai a vivere? Per strada?


Mi ricordo che da bambina, vedevo sempre una casa di mattoni in mezzo a un campo, era disabitata da anni, ogni volta che litigavo con mia mamma, mi ricordo che volevo andare lì, volevo scappare in quella casa, lasciare lei, mio fratello, il mio cane, e tutto quello a cui tenevo, nel suo appartamento, volevo stare sola nella MIA casa. Sotto un cielo stellato col vento che ti sferza il viso, un asse di legno a farti da letto, e un catino in cui lavarti. Una vita da bohemien, una vita da spartano. Ma una vita tranquilla. 
Me ne ero anche scordata, avevo 12 anni quando pensavo queste cose, avevo 12 anni, a 12 anni dovevo giocare con le bambole, non contare i giorni che mi separavano dalla maggior età! Ma a certe persone è detto di crescere in fretta, e non si può fare a  meno di ascoltare e agire. 
L'ho rivissuto, la notte della barca rossa di Gesù, me ne sono ricordata dopo 6 anni di merda. Sei fottuti anni. Dove dimenticare è difficile, dove passarci sopra è diventato anche impossibile.