Non vogliamo le stesse cose, è evidente. Tu non parli mai di me, parli di te e di altri. Non capisco se sono sempre gli stessi o ogni giorno ne nasce uno diverso, si fotocopiano o crescono se annaffiati dalla pioggia invernale.
Io non ho più l'età per leggere dei tuoi amanti. Torno a casa tutte le sere tardi, la mia vita è un trascinarmi da un posto all'altro come un pacco postale e mi sento piuttosto distratto dagli eventi. Pensavo di essere insicuro, ma mi rendo conto di non esserlo per niente.
Mi rendo conto di sapere con esattezza quello che cerco e non ottengo, per il semplice fatto che sbaglio persona: sbaglio indirizzo, busso alle porte sbagliate. Non tratto le cose e le persone come dovrebbero essere trattate. Di cagnette pronte a saltare da un letto all'altro ne posso avere quante ne voglio. Vado in RAI e prendo una ballerina a caso, quelle con l'ansia di farsi vedere, quelle con l'ansia di essere belle e di non sentirsi amate abbastanza. Quelle che te la danno senza tanti problemi.
È chiaro, è lampante. Tu non vieni da me e se io provassi a venire da te sarebbe la stessa cosa. Sarebbe come partire, vedersi e poi rendersi conto che quello che vedi non ti soddisfa abbastanza. Non dare la colpa a un biglietto del treno, a una città che non vuoi vedere. Se volessimo la stessa cosa vorresti provare a, non dico sognare, comunque cercare di farti piacere, di immedesimarti nei contorni cittadini di cui la mia vita è costituita. Invece li disprezzi senza averli visti. Il disprezzo è qualcosa che non mi piace e non funziona coi sentimenti, li annacqua, li sfasa, li devia su altre traiettorie. Il disprezzo cancella idee precedenti, si nutre di preconcetti e li trasforma in distacco. Non dire che il tuo non è disprezzo, ma è solo ansia, ansia il cazzo. Se fossi ansiosa e basta e sul serio avresti voglia di sentirmi come dici di sentire dentro le mie parole, supereresti l'ansia; guarderesti oltre l'idealizzazione che ti sei fatta di me, sapresti definire qualcosa di nascosto e totalizzante dentro di te per non farti buttare giù dalla realtà violenta quando ti si presenta coi miei veri occhi. Non puoi dire che vedermi ti butterà giù come un birillo, non puoi essere così terrorizzata da quello che ho e hai fomentato. Anche tu l'hai percorso, l'hai voluto, sì, non dire di no. Anche tu hai caricato, hai coltivato, hai infiammato ogni giorno i nostri appuntamenti continui, che sempre appuntamenti sono anche senza vederci, senza frequentarci. Appuntamenti di passioni rivelate, di necessità svelate, di cantonate prese.
Non puoi dire che non puoi fare con me quello che fai con altri. Con i tuoi amanti vivi la realtà che mi neghi e poi ogni sera mi scarichi i tuoi sensi di colpa, il tuo terrore viziato, sensibile solo con te stessa. Io non me ne faccio niente dei tuoi sensi di colpa se ripeti come un mantra gli stessi identici schemi di cui io ho imparato a liberarmi. Dì pure che non vuoi. Tu dici di non sapere amare, ma di amore ne prendi tanto, te ne cade a tegole addosso e lo butti via con la velocità sincera con cui mi dici "ho sbagliato". Ma dove hai sbagliato? Sei fatta così, c'è poco da fare. Tu dici di avere sbagliato ma non hai sbagliato niente e lo sai. Perché sai giostrare il cuore caldo della tua intimità a piacere con qualsivoglia pedina. Ognuno ha un pezzo di te, un pezzo diverso di te. A ognuno dici quello che vuole farsi sentire. Ma a me non serve un pezzo e basta. Non ho nove anni, non sto giocando. Mi guardo indietro, guardo avanti, ho mille progetti. Non so neanche se rimarrò qui, in Italia o se un giorno mi sveglio e vado a vivere da un'altra parte, perché tanto adesso cos'ho in mano? Niente. Non mi affeziono ai luoghi e ti parlo dei miei luoghi solo per darti quel senso di intimità che non sai accettare. Per te l'intimità evidentemente è il sesso e ti lamenti se tutti parlano solo di quello e ti dicono quanto sei figa, ma non sei diversa da loro. Neanch'io sono diverso da loro, perché comunque un rapporto solo di parole non mi basta. Ho il diritto di chiedere qualcos'altro, qualcosa che abbracci i miei desideri. È la mia vita, me la devo costruire.
Non vuoi Giò ma stai con lui. Non vuoi l'altro ma stai con lui. Vuoi l'altro e continui a parlare con me, con altri. Non ha senso.
Io il mio senso invece l'ho trovato. Ce l'ho. So esattamente com'è fatto, che forma potrebbe avere. So che si scontra con la frugalità con cui ti dai via ad altri, perché io mi do a pochi. Io non mi do con te come faccio con altre e speravo lo facessi anche tu, ma non è così a quanto pare. Le tue sono solo parole, parole per gettarmi addosso le tue incertezze, ma io quelle traballanti seghe le ho superate da un pezzo e me le voglio buttare alle spalle. Io ho altre visioni. Io a maggio mi laureo e inizio a lavorare a tempo pieno. Sarà tutto diverso, saranno orizzonti completamente nuovi, senza l'università a rompere i coglioni. Sarà tutto ancora più faticoso e pesante di così. Il futuro, di cui tutti parlano come se fosse irraggiungibile, mi cadrà addosso come un macigno. Quel "da grande farò" si concretizzerà come essere investito da un tram all'ora di punta. Allora, vedrò davvero se avrò il coraggio di dedicare tutta la mia vita a un mestiere così complicato, perverso, insidioso, corrotto. Vedrò davvero se avrò le palle per arrivare a quarantanni e vedermi soddisfatto di quello che sono riuscito a costruirmi. Questo è il vero coraggio. Tu invece vivi una vita in cui sei coccolata dalla mattina alla sera, tradita ma coccolata, e ti lamenti anche. Sei ingrata di quello che hai, sei ingrata nel rifiutare quello che puoi avere. Sei sempre attaccata a una chat a chiedere amore amore amore e ti lamenti se Giò si fa, ma sei più drogata di lui. Sei meschina anche nel non accettare l'evidenza.
Smettila di dirmi quanti amanti hai, quanto sei bella. Non me ne frega un cazzo di quanto sei bella fuori perché quello di cui dovrei preoccuparmi e dovresti prendere in considerazione per un'analisi a freddo sarebbero solo le tue contraddizioni interne. Non ti risolvi, non ti puoi risolvere così.
E anche se cerco di starti vicino, tu mi respingi e respingendo me respingi tutte le mie metafore, le mie parole che ti nuotano dentro, ti piacciono ma non abbastanza per pescarle, conservarle sotto vetro, tenerle al caldo quando c'è troppo freddo.
Respingi il "focolare domestico" ma sei sempre in casa di uno che dici di non amare. Tu respingi cose piccole che poi diventano grandi, ti si cuciono addosso e a cui in modo inevitabile finisci per aggrapparti. Perché non sei solida, non hai delle fondamenta solide su cui costruirti, ti servono gli altri. Ti serve un uomo sempre. A me invece non serve una donna. Non me ne frega niente di una donna. Io voglio LA donna e tu per me così non sei donna abbastanza, anche se fossi la più bella nel raggio di duemila chilometri. Io non voglio una compagna per la vita, non voglio la favola della buona notte e vissero felici e contenti. No. Però vorrei avere la forza di provare a raggiungere con lei quello che non ho raggiunto con nessuna. Tu dici che non ho idea nemmeno di cosa parlo, sono solo chiacchiere, la realtà è diversa, è solo un'utopia. Ma a me va bene anche l'utopia, il velo di Maya davanti agli occhi che mi fa sembrare bello quel che non lo è. Mi basterebbe per rendere la mia realtà meno svagata, anche per attimi insignificanti che risulterebbero spazi infiniti. Tu hai paura dei silenzi su cui la stessa paura si fonda, ma non può esserci un salto nel vuoto senza la paura e non è vero che il nostro incontro sarà al buio se mi hai rivelato aspetti della tua infanzia che altri non sanno. Se alcune cose che hai detto a me non riesci a dirle ad altri qualcosa vuol dire. Non so cosa vuol dire, ma qualcosa vuol dire. Come ti ho detto subito, però, io non sono un libro da aprire su una pagina a caso per trovare l'ispirazione per essere più serena nel tuo rapporto con Giò, coi tuoi amanti, con tua madre.
Io ti aiuto, ma non sono un anestetico, un analgesico. Io ho detto fin da subito che tutto questo aveva un prezzo e che quel prezzo non era solo una scopata. E ho fissato un prezzo, perché tu mi sembravi all'inizio orientata in quella direzione. Perché hai manifestato idee e mi hai aperto varchi che mi portavano a pensare tu guardassi a me come ti guardavo io. Ma ho sbagliato. Tu non vuoi niente. Tu non vuoi me, non vuoi Giò, non vuoi l'altro, non vuoi nemmeno te stessa. Tu vorresti essere un'altra, magari essere me o la tua amica o sti cazzi. Ma come puoi pensare di essere qualcun altro? Di gettare la tua maschera di bella e dannata e crescere con una madre che ti voglia bene e rimanere bambina nei boschi?
Bruciali i boschi, per quel che mi riguarda. Alzati una mattina e prendi decisione come cristo comanda. Incendio la mia infanzia. O brucio tutto. O inizio qualcosa di nuovo e mi tengo stretta me bambina, la porto nella mia nuova vita con tutto quello che mi è rimasto di vero.
Nessuno ti promette niente in questo spazio insignificante in cui viviamo un'ottantina d'anni e poi crepiamo.
Nessuno.
Ciao Kim. Non ho nient'altro da dire.
Beh Tommaso, che dirti, sto ridendo, anzi sto sorridendo, compiaciuta del fatto che tu abbia realizzato finalmente chi sono.
Parole più vere non ci sono, io non voglio essere un'altra, ma se non prendo posizione da un giorno all'altro ci sarà un motivo, e sono cose che non ti ho detto e che mi tengo molto strette. Pensi che davvero non me ne andrei da Giò? Pensi davvero che non sarebbe più semplice? Pensi che non mi piacerebbe? Eppure non posso, non voglio, non ne ho modo.... E sono qua, e ci resterò finchè mi farà comodo, finchè non ne avrò abbastanza di essere tradita spudoratamente davanti agli occhi, davanti a gente che conosco e che mi sparlerà alle spalle a vita additandomi come una stupida. Non sono 20mila i miei amanti, ma non sono neanche pochi, ma bastano, bastano a rendermi un pò più importante. Ma come puoi chiamarli amanti se io non li amo, se io li uso, se ho realizzato che LUI è solo lui e non ci potrà mai essere altro che amicizia...e Giò è falso, generoso, meschino, più di quanto non lo sia io.. e l'altro..beh l'altro è ancora un libro visto dalla copertina!
Cosa pretendi da me? Che prenda queste tue parole che le componga a tua immagine e somiglianza e che ti dica cosa..Che ti avevo avvertito fin dall'inizio di come ero, di come mi allontanavo quando scoprivo ciò che sarebbe diventato? Che non so amare, non voglio amore io, non ho bisogno di UN UOMO VERO che io riesca ad amare, ho bisogno di attenzioni, di avere tutti attorno a me, come io fossi un'ape regina.
Prendo tegolate di amore, ma ne ho prese così tante, in così tante forme diverse, che non ho mai costruito un tetto, sarò stata ferita, avrò dei traumi, sarò problematica, ma puoi dire tutto tranne che io non ti abbia avvertito!!! Ciao Tommaso, non so che dirti, e non so neanche io quello che voglio..questa è la mia vita, passo di letto in letto, pensala come vuoi, non mi toccano le tue parole, neanche se mi scrivessi che sono una troia mi incazzerei...hai bussato alla mia porta, ti ho aperto, ti ho fatto accomodare, poi hai calcato troppo sul vederci, e ti ho fatto uscire, come se le tue parole fossero finite, come se non avessi altro da dire.Come se ci dovesse essere per forza un incontro. Il biglietto del treno è una scusa, ma io ho la paura dei treni, per meglio dire di perdere i treni, non è nessuna metafora, ho paura di perdere i treni, di rimanere in posti che non mi piacciono, che non conosco, che non mi rendono sicura.
Prendo tegolate di amore, ma ne ho prese così tante, in così tante forme diverse, che non ho mai costruito un tetto, sarò stata ferita, avrò dei traumi, sarò problematica, ma puoi dire tutto tranne che io non ti abbia avvertito!!! Ciao Tommaso, non so che dirti, e non so neanche io quello che voglio..questa è la mia vita, passo di letto in letto, pensala come vuoi, non mi toccano le tue parole, neanche se mi scrivessi che sono una troia mi incazzerei...hai bussato alla mia porta, ti ho aperto, ti ho fatto accomodare, poi hai calcato troppo sul vederci, e ti ho fatto uscire, come se le tue parole fossero finite, come se non avessi altro da dire.Come se ci dovesse essere per forza un incontro. Il biglietto del treno è una scusa, ma io ho la paura dei treni, per meglio dire di perdere i treni, non è nessuna metafora, ho paura di perdere i treni, di rimanere in posti che non mi piacciono, che non conosco, che non mi rendono sicura.
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